RASSEGNA STAMPA – “Consulenza. Assoreti: il 73 per cento dei clienti rischia di perdere il servizio” da Il Sole 24 Ore Plus del 11/02/2023.
Dalle associazioni appello al Governo per evitare lo stop alle retrocessioni
di Antonio Criscione
Consulenza a rischio per il 73 % dei risparmiatori. È questa la stima di Assoreti delle possibili conseguenze di una “cancellazione” del sistema delle retrocessioni da parte della Ue. Ma intanto – come annunciato da Plus24 della scorsa settimana -, le principali associazioni del mondo finanziario italiano hanno elaborato un documento per chiedere un intervento del Governo, sulla falsariga di quanto fatto da altri Paesi europei, a difesa del mantenimento del sistema attuale. (….)
«I Paesi continentali chiedono solo di continuare a consentire all’industria e ai risparmiatori di poter scegliere tra le due modalità di prestazione del servizio di consulenza. Un intervento drastico che andasse ad eliminare una delle due modalità sarebbe giustificato laddove si potesse constatare il fallimento di quella modalità, mentre nel caso della consulenza remunerata con le retrocessioni ci troviamo di fronte a una storia di successo», spiega Marco Tofanelli, segretario generale Assoreti. «Anzi – aggiunge – si può dire che questa modalità ha garantito una “democratizzazione” della consulenza, permettendo a fasce ampie della popolazione di accedervi».
Gli impatti sui risparmiatori italiani potrebbero essere rilevanti. «Il sistema attuale – continua Tofanelli – garantisce la tutela della consulenza a fasce di clientela con investimenti relativi che verosimilmente non potrebbero o vorrebbero sostenere i costi di una consulenza esclusivamente a pagamento». Secondo i dati Assoreti, il 78 per cento dei clienti è costituito da persone fisiche, e la stragrande maggioranza possiede patrimoni sotto i 100mila euro. «Si tratta di un segmento della clientela che in totale, tuttavia, detiene solo il 10,8 per cento della ricchezza, mentre il 5,9 possiede patrimoni che superano i 500mila euro e questi possiedono il 61 per cento della ricchezza totale. Di quest’ultima fascia di popolazione, il 15 per cento ha un patrimonio tra i 5 e i 50 milioni di euro. È evidente il valore della protezione del servizio a favore di tutti».
E alla fine l’affondo più severo verso la possibile scelta europea: «La proibizione, in quanto non giustificata da una reale esigenza del mercato – conclude Tofanelli –, è una forma di paternalismo autoritario, che impone un’unica soluzione per tutti. Mentre invece si può continuare a lavorare per migliorare il sistema delle trasparenze e del contrasto dei potenziali conflitti di interessi. Non dimentichiamo che con la prima Mifid bastava prestare la consulenza perché ci fosse diritto alla remunerazione, mentre ora è richiesta comunque la dimostrazione dell’accrescimento della qualità del servizio».